Angelina, uccisa alla finestra
il 26 aprile 1945
«Chi sa qualcosa, ci aiuti»

Ricostruita la scena del delitto. Si era affacciata da una finestra in via Milano: colpita da uno sconosciuto con un mitra. Recuperata la pallottola

Se fosse ancora in vita dovrebbe avere novant’anni o più. Magari anche lui ha concluso la sua esistenza terrena. Il dubbio è se ha portato con se il segreto di un assassinio a Como o se invece lo ha consegnato alla memoria della moglie, di un figlio, forse in una lettera da aprire dopo la sua morte. Oppure in una confessione a un prete. È a questo personaggio oscuro che si rivolge il pensiero, quasi un appello, dei familiari di Angelina Pedraglio, uccisa quando aveva appena 43 anni. La sua unica colpa quella di essersi affacciata alla finestra di una casa di via Milano per vedere se il marito stesso tornando. Un uomo, giovane, rimasto sempre nel mistero, vedendo la sua sagoma protendersi fuori dall’anta le sparò un colpo di mitra che le trapassò il cuore spezzandole la vita e le speranze.

Era il 26 aprile 1945. La guerra era appena finita. Non qui, però. Mussolini il 25 aveva lasciato Milano diretto in Valtellina. La sera stessa si fermò a Como e dormì in una stanza della prefettura che era nello stesso palazzo di oggi in via Volta. Non si fa fatica a immaginare il clima di guerra civile che regnava in città.

La vicenda di Angelina è stata custodita dai parenti e in questi giorni hanno redatto una sorta di verbale consegnato all’Istituto Perretta per la storia del movimento di Liberazione. Oltre a una sintetica ricostruzione dell’assassinio, nel dossier sono stati inseriti anche i documenti del Comune di Como, il certificato di morte e l’atto della parrocchia di San Rocco, dove si celebrarono i funerali. C’è anche la pallottola esplosa da quel mitra e che attraversandole il cuore ne uscì andandosi a conficcare nelle travi del soffitto di quella casa. Il marito di Angelina dopo la guerra aveva provveduto a recuperare la pallottola e a conservarla come ulteriore segno della memoria di sua moglie.

Ed ecco la scena dell’assassinio. «Purtroppo - scrivono i familiari in quel momento uno sconosciuto, armato di mitra, transita per la via, proprio sul marciapiede di fronte. Forse anche lui impaurito nel vedere una persona o sembianza affacciarsi alla finestra, con un atto di difesa o di aggressione, spara verso la finestra stessa. La povera Angelina raggiunta in pieno petto stramazza a terra senza vita. Erano le 13.30. La pallottola la trapassa e va a conficcarsi in una trave di sostegno del soffitto. I funerali sono celebrati il 28 dello stesso mese nella chiesa di San Rocco. Data la situazione, la gente presente non era molta; lo dico perché, come nipote della povera Angelina, ero lì con mia mamma, sorella del Franco Pedraglio. La cara salma è stata poi sepolta il 28, nel Cimitero Maggiore di Como».

La fine del racconto riguarda il marito di Angelina. «A guerra conclusa - si legge - il marito Franco con un arnese è riuscito a recuperare la pallottola e prima di morire l’ha consegnata a Leonardo, figlio della seconda moglie, il quale nel 2005 l’ha affidata allo scrivente. Per evitare, dopo tanti anni, la perdita della pallottola, si conviene da parte dei parenti di consegnarla all’Istituto Pier Amato Perretta». Con la speranza che tra quelli che vengono a sapere di questa storia ci sia il giovane che sparò e uccise Angelina o qualcuno che ne ha raccolto la confessione. Possono farsi avanti con l’Istituto Perretta o con La Provincia. Per sapere. Solo per la verità.

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