«Mancano 200 infermieri. I bassi stipendi non incentivano»

1400 euro al mese, 15 giorni di ferie, un tasso di aggressività da parte dei pazienti che continua ad aumentare. «Servirebbe un welfare di comunità per chi fa questo mestiere» spiega il presidente dell’Opi di Lecco, Fabio Fedeli

Infermieri:ne mancano duecento circa. Ad ammetterlo è Fabio Fedeli, presidente dell’Opi, ordine delle professioni infermieristiche di Lecco.

Infermiere sempre in prima linea al Manzoni (era in terapia intensiva nei mesi del primo Covid, per intenderci), Fedeli, siciliano di origine ma da quattordici anni lecchese adottivo, è molto chiaro sul punto: “Come in altre province, anche da noi la carenza è strutturale. Si è sempre equivocato, nel passato, sul fatto che tanti anni fa si presentavano magari mille infermieri per un posto messo a concorso: era solo un modo per prendere il posto più vicino a casa o quello ritenuto più vantaggioso. Ma la carenza viene da lontano e c’era già anche prima del Covid. Ora è esplosa in tutta la sua crudezza”.

Insomma, non ci sono infermieri e i motivi sono facili da rintracciare e spiegare: “Siamo tutti laureati, con laurea breve e qualcuno anche con la magistrale. Ma il riconoscimento economico viaggia sui 1.400 euro netti al mese, senza prospettive di grandi risalite contrattuali: l’infermiere, che sia in un reparto oppure in un altro, guadagna sempre quello. Se ci sono differenze salariali è solo perché molti di noi, per integrare, sacrificano sabati e domeniche o fanno i turni di notte in più. E allora di qualcosa sale, lo stipendio. Ma, di base, se uno vuole avere una vita propria, o ha famiglia o altre esigenze, non può che accontentarsi”.

I 15 giorni di ferie di default, inevitabili, sono l’unica pausa in un mestiere che sta portando al consumo di tutte le energie, fisiche e mentali, migliaia di infermieri. “Una recente indagine ha dimostrato, dati alla mano, che l’ottanta per cento di noi sono a rischio burn-out. Ovvero di consunzione. Siamo tutti “tiratissimi” e modo di uscirne non sembra essercene con il carico di lavoro che, comunque, dobbiamo garantire. Anche per questo ho letto le dichiarazioni, da voi riportate, del direttore delle Professioni Sanitarie Asst Lecco, Giorgio Beretta, che denuncia la necessità delle chiusure estive di posti letto. È inevitabile. Ma è anche una spia eloquente del periodo che stiamo vivendo”.

Il che va a unirsi a un tasso di aggressività verso tutto il personale sanitario (medici, Oss, Asa, tecnici, amministrativi), che è in continuo aumento: “Dal retorico “tutti eroi” del periodo Covid – ammette Fedeli - siamo passati a essere oggetto di insulti quasi quotidiani, di vessazioni, da parte dei pazienti. La soluzione non può essere il poliziotto in corsia: non servirebbe quasi a niente. La soluzione passa sempre da una maggiore consapevolezza dell’utenza sul nostro ruolo. Di tutti i ruoli sanitari. Una impiegata del centro unico prenotazioni che non trova, a causa delle liste d’attesa, un esame o una visita in tempi ragionevoli a un paziente, di colpe non ne ha. Ma spesso viene insultata. Così, mutatis mutandis, avviene anche per noi, per i medici, per tutti quelli che lavorano in ospedale e non solo”.

Fedeli, comunque, spera che qualcosa possa cambiare. “C’è il concorso di domani che potrebbe portare sessanta nuovi infermieri a Lecco. Sono molto dubbioso, a parte che non so quanti si sono iscritti al concorso, che si possa riuscire in questa impresa, ma naturalmente sarebbe davvero una boccata d’ossigeno, se si riuscisse a portare un numero tale di infermieri in corsia al Manzoni. Ma il problema resta strutturale. Abbiamo appena iscritto dodici nuovi infermieri all’ordine di Lecco. Sono neolaureati. Ma sono ancora troppo pochi. Servirebbe un welfare di comunità per chi fa questo mestiere, in modo da convincerlo a venire a Lecco: contratti d’affitto calmierati, agevolazioni sui mezzi di trasporto… Pensate a uno che, come me, viene dalla Sicilia per fare l’infermiere: non trova affitti, deve pagarsi tutto, e le cifre degli stipendi le sapete. Insomma, il problema è complesso, ma è tutta la comunità lecchese che se ne dovrebbe fare carico”.

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