Profughi ucraini in crescita: ora a Sondrio sono 739

Sono saliti dai 620 del febbraio dello scorso anno ai 739 attuali, i profughi ucraini registrati presso l’ufficio immigrazione della Questura di Sondrio, anche se questo non significa che siano tutti attualmente in provincia. «Una fotografia precisa non riusciamo ad averla, perché ci sono profughi che si spostano - dicono dalla Questura cittadina -, in quanto, o rientrano in patria, in Ucraina, oppure raggiungono altri centri italiani deputati alla seconda accoglienza, ma non ce lo fanno sapere subito. Comunque l’ordine di grandezza è questo».

Come sempre, la stragrande maggioranza dei profughi presenti sono donne, 372 sul totale, e minori, 245. Di questi, quelli di età compresa fra i 0 e i 14 anni sono 178, mentre quelli fra i 14 e i 18 anni sono 67. Pari a 122, infine, gli uomini adulti, aumentati, ma non troppo, rispetto agli 83 censiti lo scorso anno. É noto, del resto, che sono pochissimi gli over 18 maschi che riescono ad uscire dal territorio nazionale, perché devono restare a disposizione della loro nazione per servire nell’esercito ucraino in funzione anti russa.

Una situazione che si protrae, ormai, da più di tre anni, considerato che il conflitto è scoppiato il 24 febbraio del 2021, ed il suo riverbero è giunto anche nei micro paesi della nostra provincia vissuti da tante badanti ucraine che, a poco a poco, hanno richiamato in Italia figlie e nipoti.

Grande la generosità e l’accoglienza allestita nelle nostre comunità con un folto gruppo di profughi giunti, sin dalle prime ore dopo lo scoppio del conflitto, nei paesi grandi e piccoli della Valchiavenna. Poi, via via, anche a Sondrio e nel resto della provincia dove c’è stata una gara di solidarietà fra parrocchie, Caritas, Croce Rossa, enti, associazioni, aziende e privati cittadini.

«Siamo arrivati a garantire, in accordo con la Prefettura di Sondrio, la prima accoglienza strutturata a 96 profughi ucraini - ricorda Davide Trussoni, presidente della Comunità montana della Valchiavenna -, tutti gestiti dal nostro ufficio di piano in collaborazione, come detto, con Prefettura e Questura, e col supporto costante della Caritas locale, delle parrocchie, dei privati. Poi, dal giugno dello scorso anno, a norma di legge, sono cambiate le modalità di ospitalità, perché è scattata la seconda accoglienza che prevedeva il trasferimento dei profughi in centri appositi del centro e sud Italia per poter godere ancora degli stanziamenti governativi. Località talmente lontane da noi che, alcuni, hanno preferito tornare in patria, mentre i più sono rimasti in Valchiavenna, ma sono usciti dal programma di accoglienza e si sono resi autonomi. Si pagano vitto e alloggio da soli e lavorano. Perfettamente integrati e questo è un grande risultato per la nostra comunità che molto si è attivata in aiuti materiali e non solo per questa popolazione».

A quelli spirituali, ad esempio, ha pensato don Andrea Caelli, arciprete in San Lorenzo, a Chiavenna, che con altri parroci e la Caritas locale ha mosso il mondo per l’accoglienza. Arrivando ad allestire anche dei momenti di preghiera comunitari, con la previsione di una funzione liturgica alla settimana con rito greco-ortodosso celebrata dal pope proveniente da Como.

«Ogni 15 giorni facciamo ancora la messa con rito orientale, la prossima domani, alle 14.30 - dice don Caelli -, e di tutta questa esperienza di accoglienza restano le belle relazioni intessute a tutti i livelli».

Emergenza Ucraina, 739 profughi in valle

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