Presentato in Consiglio Veneto libro di Leoluca Orlando e Constanze Reuscher ‘Enigma Palermo'

(Arv) Venezia 24 ott. 2023  - Presentato questa mattina a Venezia, nella sede del Consiglio regionale del Veneto, ‘Enigma Palermo - La politica, la paura, il futuro. Storia di una città e del suo sindaco’, edito da Rizzoli, il libro di Leoluca Orlando e Constanze Reuscher in cui l’ex sindaco di Palermo racconta la propria formazione e il lavoro svolto, osserva l’attuale situazione politica, le prospettive in chiave mediterranea del Sud in Europa, e fornisce gli elementi per decifrare ‘l’enigma’ di una parabola analoga alla città che l’autore ha rappresentato e narrato (e che Reuscher ha raccolto) e a cui ha dedicato la propria vita: “Io ho un solo partito - questa la conclusione di Orlando - un partito che si chiama Palermo”.

“Leoluca Orlando - ha ricordato il Presidente dell’Assemblea legislativa veneta  Roberto Ciambetti  nel corso dell’intervento di benvenuto - dal 1985 al 2022 ha vissuto in prima linea le vicende della sua Palermo della quale è stato per circa 22 anni primo cittadino. Dagli anni ’80 a oggi la città è profondamente mutata: la Primavera palermitana ha lasciato veramente un grande segno, un risultato dovuto all’impegno di una parte rilevante della popolazione che aveva già visto importanti punti di riferimento in uomini come Piersanti Mattarella, di cui Leoluca Orlando, all’epoca giovane docente di Diritto Pubblico Regionale, non a caso fu collaboratore. Proprio Leoluca Orlando, rinunciando alla carriera universitaria, raccolse l’eredità di Piersanti Mattarella assassinato dalla mafia, fino a guidare la sua Palermo con scelte di straordinaria valenza oltre che altamente simboliche come, nel 1986, la costituzione di parte civile del Comune di Palermo nel processo di primo grado del cosiddetto maxiprocesso contro Cosa nostra, o l’affidamento a urbanisti di grande spessore come Pier Luigi Cervellati, Leonardo Benevolo ed Italo Insolera del Piano Particolareggiato del Centro Storico nel 1988, con l’avvio del risanamento del cuore della città a lungo abbandonato. Cosa Nostra non è stata ancora sconfitta, ma la Primavera di Palermo ha insegnato che la Mafia non è invincibile e, come ebbe a dire Giovanni Falcone, è destinata a morire. Il Veneto non è immune da questo fenomeno: ero un giovane appassionato di politica, alle prime armi, quando il gruppo consiliare della Liga Veneta presentò in Consiglio Veneto uno studio, a metà degli anni Novanta, dal titolo “Cosa Nostra a casa nostra”. Proprio la contestazione all’istituto del confino, che portò in Veneto figure di primo piano come Badalamenti, Contorno, Fidanzati per citare nomi famosi, fu una delle prime battaglie del movimento autonomista veneto, con l’allora giovanissimo Ettore Beggiato, poi consigliere regionale che il 12 dicembre 1985 presentò la sua prima interrogazione assieme a Franco Rocchetta sulla presenza dei mafiosi in Veneto, mentre ancor prima, nel 1981, il Pci veronese aveva pubblicato un libro bianco “Droga e criminalità” in cui si denunciava la penetrazione delle organizzazioni mafiose nel territorio. La battaglia di Palermo, in verità, è il fronte più significativo di una guerra particolarmente complessa, internazionale e difficile, ma sul cui esito non abbiamo dubbi. In conclusione, i versi di un’ode di Bertolt Brecht: i deboli non combattono. Quelli più forti lottano forse per un’ora. Quelli ancora più forti lottano per molti anni. Ma quelli fortissimi lottano per tutta la vita. Costoro sono indispensabili. Grazie a Leoluca Orlando per essere con noi”.

“La nostra è una società che si è trasformata in maniera rapida e profonda negli ultimi anni - ha sottolineato il Consigliere regionale e Portavoce dell’opposizione  Arturo Lorenzoni , che ha promosso l’evento e moderato gli interventi - e che tende ad espellere chi non si allinea. In questo senso, abbiamo bisogno di strumenti nuovi per costruire la società degli anni futuri e l’esperienza di Leoluca Orlando, la Primavera palermitana degli anni ’80, può essere ancora fonte di ispirazione per i più giovani, che possono trarre ulteriori spunti anche dal Rinascimento napoletano degli anni ’90 e dalla tradizione millenaria di apertura rappresentata da Venezia”.

“Ho seguito fin dall’inizio la vicenda di Leoluca Orlando - ha sottolineato  Costanza Reuscher , giornalista tedesca e opinionista televisiva, in Italia dal ’90, corrispondente del Gruppo Axel Springer e del quotidiano ‘Die Welt’ - come molti altri giornalisti stranieri, in realtà, perché la Sicilia è un luogo dov’è difficile realizzare un certo tipo di attività amministrativa. La dote che più colpisce di Orlando, un personaggio politico fortemente connotato con la realtà locale, ma con altrettanta forza inserito nel contesto nazionale, è la coerenza, una coerenza che lo ho portato ad avere mille nemici, ma che gli ha consentito di portare avanti i propri obiettivi - la lotta alla mafia, le questioni emerse a seguito della grande migrazione successiva al 2013 - andando anche allo scontro con il potere nazionale, dei partiti e dei governi. Orlando è stato l’esempio di una politica rigorosa e coerente che credo valesse la pena raccontare, in particolare rivolgendomi ai giovani, che hanno bisogno di modelli replicabili”.

“Quello era un periodo in cui la mafia governava a Palermo; furono le stragi del ’92 - ricorda  Leoluca Orlando  - a far scoppiare la rivolta morale, la condizione necessaria che porta alla riduzione di quella che io chiamo ‘zona grigia’, la zona più pericolosa, la zona allora vastissima e trasversale, insinuata in tanti, diversi contesti sociali, che sta tra il bianco e il nero e che costituisce l’ideale terreno di coltura della mafia. Ma fu determinante anche l’uccisione di don Pino Puglisi, il 15 settembre del ’93, nel giorno del suo compleanno, una persona straordinariamente normale che chiedeva non tanto l’arresto dei mafiosi, bensì qualcosa di ancor più pericoloso per la mafia, la costruzione di una scuola che avrebbe allontanato i giovani dalla malavita. Ed è stata un’esperienza che va al di là delle parti, perché vi sono momenti in cui è necessario mettere da parte le distinzioni tradizionali. Quando nel ‘92 avvenne la rivolta civile, non si chiedeva la condanna dei mafiosi, ma si chiedeva la verità, questione diversa e più sottile: abbiamo rivendicato il diritto alla verità, anche a prescindere da ciò che la magistratura accerta. L’esperienza di Palermo è importante, ma questo non è un testamento, è ancora attuale e assume una nuova valenza: ciò che vale per Palermo, vale anche per Venezia, Palermo, Cipro, Tunisi, vale per tutte le città mediterranee, perché questa è la peculiarità che le contraddistingue e le unisce nell’ambito dell’Europa. E questo ci consente di leggere in maniera diversa un’altra questione fondamentale, il fenomeno della migrazione e l’approvazione, nel 2015, della ‘Carta di Palermo’ che prevede l'abolizione del permesso di soggiorno e riforma profonda delle norme sulla cittadinanza; Palermo diventa una città dove chiunque ha il diritto di vivere. E anche di morire: ho dato, io, tacciato di essere un giustizialista, la cittadinanza onoraria a un americano condannato a morte che poi è stato seppellito a Palermo, coerentemente a una cultura di vita totalmente contrapposta alla cultura di morte. La scoperta dei diritti ci ha portato ad organizzare il più grande gay pride del sud Europa, e da sindaco a celebrare il primo matrimonio tra omosessuali, a dare residenze anagrafiche, in luogo del passaporto o del permesso di soggiorno, che hanno consentito di stringere contratti di lavoro regolari, di far pagare le tasse, ma anche di rendere il residente facilmente reperibile dalle forze dell’ordine. Da primo ministro non avrei potuto realizzare quanto faccio da sindaco, e mi auguro che molti sindaci facciano così, al di là dei partiti: Palermo non è mai stata di sinistra e sono stato eletto anche con il 75% dei consensi, a testimoniare che il sindaco fu scelto da elettori non solo di sinistra. In effetti, io ho un solo partito, un partito che si chiama Palermo, e questo fa innervosire tutti i partiti. Infine, in Veneto la mafia non si presenta con la faccia impresentabile dei Riina e dei Brusca, ed è forse più difficile contrastare il fenomeno mafioso in questo contesto, perché entra nel sistema economico senza commettere reati apparenti”.

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