Cercatore di funghi morto. «Colpa dell’eccesso di sicurezza, i maggiori problemi in discesa»

L’esperto Stefano Brenz Verca, micologo Ats: «Spesso ci si avventura in luoghi impervi». «La regola è uscire al mattino, ma spesso la gente va di pomeriggio. I turisti sono più accorti»

«Un eccesso di sicurezza e di imprudenza sono alla base di questi continui infortuni in montagna riferiti a cercatori di funghi. Che azzardano, puntano a raggiungere luoghi situati più in alto, sui 1.500 metri di quota, dove sanno che ci sono i funghi, ma nel farlo non tengono dovuto conto della discesa. Perché la salita è una cosa, si può riuscire anche a superare ostacoli che si frappongono sul nostro cammino aggirandoli, poi quando si torna indietro è tutto un altro paio di maniche. Cambia la prospettiva, non ci si ricorda più da dove si è passati, e si rischia».

Così la pensa Stefano Brenz Verca, micologo dell’Ats della Montagna cui ci siamo rivolti per meglio capire cosa possa esserci alla base di questo stillicidio di morti per funghi. Cinque, dal 22 luglio a oggi, oltre ai feriti. La maggior parte, tra l’altro, non turisti provenienti da fuori ma persone del posto o comunque conoscitori dei luoghi.

«I turisti sono diventati più accorti - spiega Brenz Verca - e, di norma, quando vanno a funghi non si allontanano molto dai sentieri. E quando hanno dei dubbi vengono all’ispettorato micologico a mostrarci i funghi che hanno raccolto, in modo da evitare intossicazioni di sorta. Nel nostro caso il problema sembra riguardare soprattutto persone del posto».

Persone che conoscono bene i luoghi e che, anche se non sono proprio valtellinesi, li frequentano da decenni, come accaduto a Ferragosto, al turista comasco di stanza a San Martino in Valmasino, morto per funghi all’Alpe Taiada.

«Innanzitutto in questo periodo non si trovano funghi al di sotto dei 1.500 metri - dice Brenz Verca - per cui tutti i cercatori assidui salgono in quota. Camminano in salita parecchio e, questo riesce loro abbastanza bene, ma il problema, ripeto, è il rientro. Perché se ci si avventura in luoghi impervi, cosa che bisognerebbe evitare di fare, poi si fa fatica a ricordare da che parte si è passati. E in discesa ci si mette in pericolo. Non basta neppure avere le calzature adatte che, immagino, tutti questi cercatori di funghi morti abbiano avuto o lo zaino in spalla. E non basta evitare di avere appresso una borsa, con una sola mano libera. Anche se sono aspetti fondamentali da tenere sempre presenti quando si va per funghi, non sono sufficienti a garantire la nostra incolumità se azzardiamo troppo».

«Ho sentito di persone morte nella valle del Liri, sopra Caiolo, zona quanto mai impervia, come altre della Valgerola e della Valmasino e, in genere, altre vallate delle nostre montagne - aggiunge - . Si può benissimo andar per funghi senza rischiare così tanto».

E ricordarsi di uscire sempre al mattino, mai al pomeriggio, quando si rischia di essere sorpresi dal buio. «Sarebbe la regola, ma succede spesso che si esca a fare un giretto, magari nei pressi della propria baita dopo pranzo - dice Brenz Verca - quando si è già un poco appesantiti. Si parte, magari con l’idea di fare una passeggiata tranquilla, poi una cosa tira l’altra e si va avanti. E le ore passano senza che ci si accorga e mentre il tempo passa il bosco cambia moltissimo il suo aspetto, soprattutto ora in agosto, quando le ombre si allungano. Non si dovrebbe mai uscire per funghi al pomeriggio, ma sempre al mattino presto. E limitarsi nella raccolta, non farsi prendere dalla frenesia, anche perché non si può mangiar funghi tutti i giorni».

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