Economia / Sondrio e cintura
Mercoledì 31 Agosto 2016
Richiesta di statuto per i frontalieri
«Serve più tutela»
Il consiglio generale degli italiani all’estero ha scritto alla Farnesina presentando una proposta. Dolzadelli: «Bilanciare il rischio di essere licenziati».
Parlare di frontalieri di questi tempi vuol dire soprattutto discutere di un netto aumento delle tasse e di rischio disoccupazione a causa della crisi. Stavolta quest’argomento torna d’attualità grazie a una proposta che parte dalla provincia di Sondrio e arriva al Governo italiano.
Il Consiglio generale degli italiani all’estero, che può contare sulla presenza del segretario della Cisl di Sondrio Mirko Dolzadelli, ha scritto alla Farnesina presentando una proposta di Statuto dei lavoratori frontalieri. Le argomentazioni, condivise con Cgil, Cisl, Uil e Acli, sono varie e significative.
Secondo i dati diffusi dai sindacalisti, i cittadini dell’Unione Europea che hanno la residenza all’estero e lavorano in una località svizzera dei Grigioni erano 5.747 nell’ultimo trimestre del 2015. Rispetto al dato rilevato dodici mesi prima c’è stata una crescita di circa 320 unità. Il 90% sono italiani, pari a 5175. In totale in Italia sono 90mila, di cui 60mila lombardi.
La premessa è chiara: i frontalieri, in particolare quelli attivi in Svizzera, sono soggetti a una legislazione sul lavoro molto più̀ precaria che in Italia, caratterizzata da un’estrema flessibilità̀ e da una protezione contrattuale minima. Lo si osserva anche in questo periodo a Sankt Moritz e dintorni.
«Per questa ragione si rende necessario lo studio di un ammortizzatore sociale specifico che possa bilanciare l’alto rischio di cadere in disoccupazione – spiega Dolzadelli, che fa parte del Cgie proprio in qualità di sindacalista della Cisl - . Questo, oltre ad assicurare al frontaliere un cuscino per una caduta meno traumatica, darebbe modo al lavoratore di far valere una forza contrattuale maggiore, potendo far leva su un sistema che lo rende ben protetto in caso di licenziamento e limitando così il pericolo di generare dumping salariale».
Non si può dimenticare che lo Stato si è preso circa 200 milioni di euro del fondo per la disoccupazione dei frontalieri. «La normativa prevede che lo Stato di lavoro - ad esempio la Svizzera - rimborsi a quello di residenza del lavoratore (come l’Italia) tre o cinque mensilità di indennità̀ di disoccupazione, rispettivamente se il soggetto ha operato nel primo Stato per meno o più̀ di un anno negli ultimi 24 mesi, dal momento dell’entrata in disoccupazione».
«Al momento, il lavoratore frontaliere residente in Italia può̀ richiedere la Naspi. Sarebbe importante che per i primi cinque mesi il frontaliere potesse avere diritto agli importi previsti dalla Nspi senza il tetto massimale, anche perché sarebbero rimborsati dallo Stato di lavoro».
Sul fronte fiscale si attendono novità dall’accordo Italia-Svizzera, non ancora sottoscritto dai parlamenti di Berna e Roma. Intanto si discute della franchigia. In riconoscimento delle spese supplementari sostenute dai frontalieri per recarsi all’estero, nel 2002 venne introdotta una franchigia sul reddito imponibile ai fini Irpef. Negli anni successivi il valore della franchigia è sceso a 7.500 euro.
«La franchigia rappresenta oggi uno sconto importante per i redditi bassi, ma non ha alcuna incidenza su quelli della classe media, ovvero la stragrande maggioranza dei frontalieri. Inoltre, nel caso dei lavoratori attivi in Svizzera, ha un peso diverso a secondo dell’andamento del tasso di cambio. Infine va approfondito il tema dei lavoratori con carichi di famiglia, che a fronte delle novità̀ normative si troverebbero a sopportare un’imposta maggiore rispetto ai lavoratori privi di tali carichi». Altri punti riguardano il monitoraggio fiscale, assegni familiari e oneri sociali deducibili e spese detraibili. Se lo statuto sarà accolto, i benefici per i frontalieri saranno molto rilevanti.
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