Primavera anomala, i danni del gelo sui meleti

I frutticoltori chiedono aiuto: «Se gli enti non ci possono aiutare a trovare una soluzione, ci sentiamo costretti ad abbandonare la coltivazione, perché non abbiamo armi per difenderci»

Se ci si avvicina al meleto e si prendono in mano i rami, quanto succede fa davvero impressione: le piccole meline ci restano fra le dita, mentre altre sono già a terra. Bruciate dal gelo e spaccate dall’interno. E non si sta parlando di qualche frutteto, ma di 130 ettari di terreni coltivati nella zona che da Sernio arriva fino a Tovo Sant’Agata. Dunque un danno rilevantissimo per il settore agricolo dell’Alto Tiranese. È la situazione denunciata da una ventina di frutticoltori che, esasperati e stanchi, hanno preso carta e penna e hanno scritto a Provincia di Sondrio, Comunità montana di Tirano e Coldiretti per segnalare quanto accaduto e prospettare soluzioni.

Anche perché la gelata non è un evento eccezionale, purtroppo. Nell’arco di sette anni è la terza volta che si verifica. Un problema che, invece, non sussiste nei meleti da Tirano scendendo fino a Ponte in Valtellina, serviti dall’irrigazione del consorzio Sponda soliva che attiva, in questo periodo, il sistema antibrina. Il risultato? «Se gli enti non ci possono aiutare a trovare una soluzione, ci sentiamo costretti ad abbandonare la coltivazione, perché non abbiamo armi per difenderci», come spiegano Daniele Marchesi di Sernio e Paolo Forzatti di Lovero, due firmatari della petizione che ci hanno accompagnati direttamente in campo a vedere il disastro. «Non siamo più in grado di sopportare una situazione del genere – dicono all’unisono -. Già in annate che vanno bene paghiamo le fatture e riusciamo a tirar fuori la gestione familiare, ma quando il raccolto viene tutto rovinato cosa possiamo fare?».

I coltivatori hanno sottoposto il problema alla Provincia e stanno aspettando che venga fissato un sopralluogo per valutare l’entità del danno. «Abbiamo parlato anche con Coldiretti, che ci ha assicurato che avrebbe segnalato alla Provincia – prosegue Marchesi -, e abbiamo incontrato il commissario della Comunità montana di Sondrio, Antonio Sala Della Cuna, che ci ha chiesto di proporre delle soluzioni. Noi possiamo avanzare alcune soluzioni e ce le abbiamo – come la realizzazione di un impianto antibrina o di un sistema a ventola -, ma siamo una ventina di agricoltori autonomi, dobbiamo per forza appoggiarci agli enti per trovare i finanziamenti per fare le opere. Un sistema a ventola costerebbe un milione e mezzo di euro per fare un esempio». Gli agricoltori premono affinché ci sia una risposta in tempi rapidi da parte di tutte le istituzioni locali e non.

«Coltivare mele, infatti, è diventato, in generale, un affare poco redditizio – aggiunge Marchesi -: aumentano i terreni abbandonati, a discapito del territorio e dei meleti vicini che possono correre il rischio di malattie, mentre altri vengono affittati a ditte fuori provincia, svilendo in questo modo il prodotto “made in Valtellina”. E se si aggiungono i rischi e i danni legati a eventi imprevedibili, la frutticoltura diventa un business in perdita. Insomma di questi tempi non è quasi più conveniente coltivare mele, a meno che ci siano situazioni ambientali favorevoli. Serve una soluzione in tempi brevi perché fra 10-11 mesi la situazione di incertezza tornerà a presentarsi. Piuttosto preferiamo che ci dicano che i fondi non ci sono. A quel punto sarà meglio chiudere».

Infine un rilievo anche dal punto di vista turistico, non solo agricolo: «I nostri meleti sono il biglietto da visita della Valtellina per il turista che percorre la statale 38 in direzione delle località sciistiche dell’Alta Valle: vogliamo che i frutteti spariscano e restino solo aree invase dall’erbaccia e dal bosco?».

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