L’avvistamento all’alba dell’elicottero: «Un drappo e ho capito»

Il gestore del rifugio Allievi Bonacossa. «Sulla parete di roccia è visibile una macchia nera».

Erano le 5.30, 5.45 massimo di ieri, quando Antonello Fiorelli, gerente il rifugio Allievi Bonacossa, situato ai 2385 metri della Val Zocca, in Valmasino, è uscito all’esterno della sua struttura per “sbinocolare” in direzione del Passo di Zocca alla ricerca di qualcosa che potesse riportarlo all’elicottero precipitato.

E, subito, la sua attenzione è stata attratta da una sorta di drappo fra il bianco e il giallo che, lì, in quella posizione, nei pressi di quella cresta della Cima di Zocca, non ci doveva stare. «Sono uscito presto dal rifugio sia perché mi alzo sempre all’alba – racconta – in modo da portarmi avanti col lavoro considerato che, qui, all’Allievi, siamo solo in due, sia perché tre miei clienti tedeschi si stavano preparando ad effettuare un’escursione. Ero però, soprattutto, fermamente intenzionato a dare una bella occhiata con la “specola” (una sorta di potente cannocchiale, nda) nella zona circostante il rifugio - aggiunge -, cosa che ho cercato di fare anche nei giorni precedenti, spinto dalla volontà di contribuire, come potevo, alle ricerche del velivolo disperso, intenzione rimasta del tutto priva di successo per via della nebbia incombente. Giusto sabato, ad esempio, mi aveva chiamato Maurizio Folini, cugino del pilota Agostino Folini, morto nello schianto, per chiedermi se potevo fargli il favore di dare un’occhiata intorno al rifugio, cosa che ho prontamente fatto, ci mancherebbe, ma senza portare a casa niente, perché era troppo brutto il tempo. Invece, stamattina, perbacco, un cielo terso, limpidissimo, mi ha permesso subito di intercettare il punto di collisione dell’elicottero Elitellina con la parete».

Era andato a cozzare proprio contro la montagna che sta dietro il rifugio Allievi Bonacossa, l’elicottero Ecoureil B3 di Elitellina, pilotato da Agostino Folini, e con a bordo i tecnici Marco Gianatti e Stefano Olcelli.

«È su una cresta prossima alla Cima di Zocca, nei pressi del Passo, proprio dove gli uomini del Sar svizzero (Servizio ricerca e salvataggio) avevano intercettato il segnale Gps e si erano portati la sera di venerdì – ammette Fiorelli – che ho intercettato un drappo bianco tendente al giallo, con delle cordicine di affrancamento ai lati. L’ho subito ricondotto al telo che copre la carlinga dell’elicottero e che si posiziona, in genere, sui sedili del medesimo. Lì ho capito che ero vicino all’obiettivo e infatti poco sopra ho intercettato una macchia nera - continua il rifugista -, sulla parete di roccia, appena prossima alla cresta da cui l’elicottero in transito avrebbe dovuto “scollinare”.

«Ma, proprio in quel momento - continua Fiorelli - ecco che è arrivato dalla zona della Gianetti un elicottero di Elitellina, evidentemente alzatosi subito in volo per un sopralluogo approfittando del tempo finalmente clemente e della visibilità ottima. Ho visto che è entrato nella zona del ghiacciaio della Cima di Zocca e poi si è trattenuto proprio nell’area dove vedevo il telo e, allora ho capito che era proprio lì l’elicottero disperso. Infatti, nel giro di poco, la macchina dei soccorsi si è messa in moto».

Difficili anche quelli, come conferma sempre Fiorelli, perché l’impatto con la roccia è stato tale da mandare in pezzi l’elicottero e provocare molto probabilmente la morte sul colpo dei tre componenti dell’equipaggio.

«Purtroppo, per loro, non c’è stato nulla da fare – assicura Fiorelli – e la possibilità di intercettare il mezzo incidentato solo a quasi tre giorni dall’accaduto, non ha cambiato l’ordine delle cose data la probabile dinamica del sinistro. Per quanto mi riguarda, peraltro, posso solo confermare di non aver udito alcuno schianto, venerdì alle 13.30, seguito al passaggio dell’elicottero Elitellina proprio sopra il tetto del mio rifugio del quale, invece, mi sono accorto eccome. Sì, perché, probabilmente, l’elicottero volava molto basso e il rombo del motore era chiaramente udibile, più del solito, un gran fracasso. Ciò nonostante, essendo impegnato dentro il rifugio con due tecnici giunti da poco da Perugia per sistemarmi il collegamento internet, non mi sono ravveduto di uscire a vedere, e, men che meno, ho sentito alcun botto che potesse ricondurre a uno schianto del mezzo. Va anche detto, però, che se, pure, fossi uscito all’esterno a controllare, non avrei visto proprio niente di niente, perché dal rifugio in su la nebbia era fittissima e la vista era occlusa, mentre dal rifugio in giù era tutto limpido».

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